Se l'argomento è di natura politica, per defilarsi, si fa uso dell'alibi "tanto sono tutti uguali". Se l'argomento è di interesse sociale, tipo "facciamo le Olimpiadi a Roma?, si evade recitando slogan demagogici "le Olimpiadi foraggiano il malaffare. Ci sono ben altre priorità..." Se disgraziatamente, infine, si dovesse innescare un dibattito, questo diventerebbe uno spezzatino, preparato dai tanti gadget elettronici con le continue interruzioni. Condito in questo modo lo spezzatino perde ogni gusto. In considerazione di questa deriva, ho pensato di dire, sotto forma di romanzo, quanto non si riesce a dire verbalmente, tanto per coltivare l'emozione, correggo: l'illusione, che possa servire a qualcosa, a non far smarrire del tutto la memoria, i valori e l'orgoglio di essere italiani.
2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
Poco, di realmente vero. Tanto, di immaginario, di ipotetico.
3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Togliermi tanti sassolini dalle scarpe.
4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?
Papa Francesco sta predicando nel deserto delle coscienze assopite, di far qualcosa per fermare la tragedia umanitaria dei migranti, che fuggono dai paesi in guerra o dalla povertà estrema. Continua a ricordarci, inascoltato, che la tragedia dei migranti è la più drammatica dopo l'olocausto e la seconda guerra mondiale. I bambini, in qualsiasi guerra, sono la parte più indifesa. Vedere certe immagini ormai quotidiane, assistere all'indifferenza, all'assuefazione, all'indolenza della società cosiddetta civile, provoca turbamento e delusione. Ascoltare insulti demagogici e populisti provoca rabbia e pena (verso chi li pronuncia). Da tutto questo scenario è maturata la volontà di dedicare il titolo ai "Bambini Migranti", di parlare di loro e dipingere le icone dei bambini simbolo, Aylan e Omran, vittime di naufragio e di bombardamento, vittime di mare e di terra, vittime dell'indifferenza e dell'ignavia. Queste due immagini simbolo evidenziano il loro dramma sulle pagine di copertina.
5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Nell'ordine, ecco il libri che vorrei avere con me: 1. "Il Manuale delle Giovani Marmotte";
2. "L'orto fai da te";
3. "Come pescare senza arnesi";
4. "Curarsi con le erbe";
5. "Libro con infinite pagine bianche", per potervi descrivere sopra la grandezza del silenzio, della bellezza della natura e per ringraziare il destino per avermi riservato questa opportunità.
6. E-book o cartaceo?
Cartaceo!!! Un "troglodita meridionale", come me, che tocca il cibo con le mani per provare più gusto, come potrebbe rinunciare al contatto con la materia, al frusciare delle pagine sfogliate e allo sfizio di fare le orecchiette alla copertina e ai fogli? Però il "cavernicolo terrone" è consapevole che il progresso impone tante trasformazioni in modo poco democratico, di conseguenza, prepariamoci a leggere libri immateriali e a mettere simil-libri di polistirolo sopra gli scaffali delle librerie.
7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
Perché?...Qualcuno dice che sono uno scrittore? Battuta a parte, scrivere un libro è stata una sfida sino a qualche anno fa impossibile. È stato anche un arricchimento delle voci del biglietto da visita dell'artigiano polivalente, perché mi considero un artigiano della letteratura.
8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
Titolare il libro "Bambini Migranti" era un punto fermo. Altrettanto dicasi per la trattazione dei fatti che vedono colpiti maggiormente i più indifesi. Continuare il racconto sulla ricerca della ricetta del bocconotto IGP e sulla messa in produzione a livello industriale, era di per sé scontato. Quindi, sottotitolo "Sulle tracce del bocconotto perduto", come metafora dei valori che stiamo smarrendo. Tutto ciò premesso, racconto un aneddoto, uno tra i tanti vissuti in questa avventura: Una mia parente, professoressa in pensione, molto arrabbiata perché avevo osato accostare i "multistellati" al populismo latente e al razzismo del "padanico", lanciò un'invettiva a mezzo e-mail, in risposta alla mia, definendo uno Zibaldone il mio racconto, di sicuro non per elevarlo al rango leopardiano. Compresi in quel momento di essere erede di "Zì Baldone", un personaggio che nacque, crebbe e si sviluppò nell'arco di due serate. Inconsapevolmente (la parente) sortì l'effetto di portare linfa al mio racconto. Un capitolo di cinque pagine. Grazie.
9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
La biografia in copertina mi definisce artigiano polivalente nell'ambito delle ristrutturazioni il che vuol dire essere esecutore di molti mestieri. Aggiungo che, per natura, mi muovo come "solista", perciò i miei lavori iniziano da un'idea e terminano con l'ultima rifinitura. Vedere il libro lavoro finito, dopo averlo preso per mano iniziando dallo sviluppo di alcune idee che, dopo averle fatte diventare bozze, si perfezionavano via via e, l'insieme delle stesse, contribuivano a far crescere le storie e i personaggi, sino ad arrivare all'ultima rifinitura, mi ha procurato la stessa emozione che provo quando vedo realizzato un mobile complesso, pronto per essere adoperato, pronto per essere destinato agli usi previsti. Allo stesso modo, vorrei che il libro non fosse fine a se stesso. Auspicherei che anche il libro venisse usato, non solo come soprammobile, facendo sì che le tante metafore, l'ironia, la satira, sparse nelle pagine servissero a far prendere atto che sarebbe opportuno riconquistare la memoria e alcuni valori che si stanno dissolvendo.
10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
Mimma, la mia consigliera. Mimma la mia lettrice attenta. Mimma, la mia ascoltatrice in tempo reale. Mimma, la mia critica severa. Ah dimenticavo... Mimma, a tempo perso, è anche la mia moglie...
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Un nuovo strumento che va in soccorso dei non vedenti o ipovedenti. Un modo nuovo per "leggere" a occhi chiusi o al buio.